La Sarraz – 1928
La storia Moderna
Gruppo C.I.A.M.
L’architettura moderna viene sollecitata dalle trasformazioni economiche, sociali e psicologiche messe in moto dalla rivoluzione scientifica del XIX e del XX secolo, ma diventa un movimento di pensiero e cioè acquista una precisa linea d’azione quando, nel primo dopoguerra, l’architettura stessa acquisisce il carattere della ricerca scientifica.
Secondo tale identificazione l’architettura viene a produrre una serie di esperienze e di modelli che variano al mutare delle applicazioni concrete in specifici ambiti contestuali.
Già negli anni Venti, l’architettura radicale europea dispone di un proprio apparato culturale, sorretto da un’ampia diffusione di esperienze. Pubblicazioni in riviste specializzate diventano temi di attualità che si orientano verso una nuova politica edilizia ed urbana.
L’esigenza di organizzare a livello internazionale il proposito che possa rendere organico ed unito il progetto di una “nuova architettura”, ispira una nuova collettività e riunisce in Svizzera nel 1928 un gruppo di noti architetti europei. Si costituiscono in questo primo incontro i C.I.A.M., Congressi Internazionali di Architettura Moderna.
La Dichiarazione di la Sarraz contiene il programma che i C.I.A.M. si propongono di realizzare e in una certa misura ne fissa i limiti.
Un preambolo constata che: “Il destino dell’ architettura è di imprimere lo spirito di un’epoca”.
Il futuro
The best way to predict the future is to invent it.
Alan Kay, American computer scientist – Speech given at Xerox PARC (1971)
Esposizioni Universali e consumismo
Immagina dei giovani in grado di acquistare una casa che i genitori si sarebbero sognati e di scegliere contenuti originali e non di seconda mano. Il rapido aumento della ricchezza personale, la disponibilità di credito e il lancio della prima carta di credito nel Regno Unito nel 1966 determinano una rivoluzione dei consumi.
Il design e la tecnologia prosperano e sono oggetto di esposizioni universali che accolgono un incredibile numero di visitatori: 50 milioni a Montreal nel 1967 e 64 milioni ad Osaka nel 1970. La TV con le sue cronache in tempo reale di eventi come la guerra del Vietnam e lo sbarco sulla luna portano temi di rilevanza mondiale nelle case della gente, mentre sempre più persone hanno la possibilità di viaggiare per piacere.
estratto dalla mostra Revolution – Fabbrica del Vapore Milano 2017-2018
Passato e presente
il Tardo Barocco a Milano. Palazzo Clerici e la galleria di Gian Battista Tiepolo
Corriere Innovazione , venerdì 27 luglio 2018, di Pierluigi Panza
Benvenuti in quella che gli studiosi chiamano “URBAN AGE”: l’urbanizzazione è il futuro del mondo interconnesso. Niente a che vedere con la “polis” utopica progettata ad arte di cui si vagheggiava in passato, perchè la piazza sono ora i social network e le strade sono le connessioni di rete. La vera sfida? Preservare il verde
lI poeta Giuseppe Panni e il filosofo Jean Jacques Rousseau vedevano nella città il luogo dei vizi che si opponeva alla virtus della campagna. Ma a due secoli dall’Illuminismo, l’esito di questo periodo nel quale vissero è quello di aver favorito lo sviluppo urbano: più del 50% degli individui vive oggi in città, e sarà sempre più così. Salvo imprevisti. E poiché gli abitanti della Terra sono passati in un secolo da un miliardo e 200 milioni a quasi otto miliardi, in città ne vivono quattro.
Ma cos’è oggi la città?
Niente a che vedere con polis, città di nuova formazione tipo Sabbioneta, città giardino e altri utopismi seminati dalle teorie architettoniche e nemmeno con ima città progettata ad arte, della quale Raffaele Milani (The Art of city, McGill-Queen’s University press) tesse le lodi opponendola alla frammentazione e al consumismo delle megalopoli contemporanee. La città dell’età social lancia parole chiave – smart city è la più ricorrente – ma favorisce un arretramento come luogo sociale, la perdita di relazione con il suolo, il diffondersi dell’ansia, l’anestetizzarsi della memoria rendendo anacronistica la bellezza (sostituita dallo stupefacente).
Fino a metà 800, la città era il
sedimentarsi di azioni, manifestava
le funzioni pubbliche (chiese, teatri,
musei, carceri) e della piazzafacevail luogo di aggregazione.
Le megalopoli di oggi sono smaterializzate, fatte di centri finanziari, shopping center, slum e gathered city per l’upper class o per i reietti giustapposti uno all’altro. Questa città sommatoria di cose, edifici, tipologie umane è senza antropizzazione: la piazza sono ora i social network e le strade sono le connessioni di rete.
Cosa aspettarsi dal futuro?
Secondo Richard Burdett, che al tema ha dedicato una Biennale, siamo nella Urban Age e dobbiamo adottare forme di sviluppo che non mangino il verde costruendo – in altezza – sulle aree deindustrializzate. Bisogna che i quartieri «riproducano funzioni diverse» evitando ghetti tematici, mantenere le città compatte, muoversi con mezzi pubblici evitando lo sprawl.
A questo scenario, dove la città è esito di un globalismo senza distinzioni, la reazione europea è consistente. «La città non è più concepita nella storia, ma nel consumismo dell’immagine, non più nella consapevolezza di una eredità», afferma Raffaele Milani. «Smart city e città compatte non sono luoghi dove
l’esperienza è vissuta. La città non è una app che segnala ristoranti».
Il passato glorioso – India
Fu amore a prima vista quello tra Khurram, figlio dell’imperatore Jahangir, discendente di Tamerlano, e la fanciulla Ariumand Bano Begum. Alla morte di lei il sovrano, che regnava da Kandahar al Deccan, convocò ad Agra i migliori architetti del mondo e fece costruire un mausoleo splendido – il Taj Mahal – deviando il corso del fiume Yamuna perché ne potesse specchiare la superba bellezza. Arenaria rosa, marmo bianco, giallo e nero per gli intarsi, ambra e pietre semipreziose da tutto il mondo arricchivano gli esterni del palazzo, che artigiani ed orafi avevano decorato come un gioiello prezioso. Ancora oggi, ad oltre trecento anni dalla costruzione e malgrado i saccheggi e le ingiurie degli uomini, avvicinarsi al Taj Mahal provoca un’emozione speciale. La quiete, l’incanto simmetrico dei giardini persiani, delle fontane e dei viali riposa e fa sognare. È come un viaggio nel medioevo cavalleresco, quello in Rajasthan.
Ogni palazzo, ogni reggia e città ci parlano del passato: delle gesta dei cavalieri Rajputi (figli di re) sempre in lotta tra loro e contro gli avanzanti dominatori musulmani; delle loro splendide donne che per non cadere nelle mani del sultano del Gujarat si gettano nel fuoco in un suicidio collettivo… E qui si aprono la città rosa di Jaipur, Udaipur e i suoi giardini d’acqua, Jodhpur dipinta di azzurro, gioiello iridescente alla luce del crepuscolo, sino alle città del deserto, Jaisalmer e Bikaner, ai margini del grande deserto del Thar, splendide fortezze a presidio delle vie carovaniere che si snodavano verso la Valle dell’Indo e l’Asia centrale e occidentale. E quando vorremo riposarci dal trionfo di fortezze e di palazzi grandiosi, ci saranno i piccoli cortili ombreggiati, le botteghe dei tintori e dei tessitori, signorili haveli, dimore di ricchi mercanti ancora affrescate da piccoli capolavori di pittura tradizionale o moderna, mentre nei vicoli donne drappeggiate in sari fruscianti sono l’icona di un’India gentile ed armoniosa.
L’India è un Paese che consegna al viaggiatore più attento mille chiavi di lettura, ognuna delle quali risponde ad un’esigenza individuale e profonda, e costituisce un’esperienza insostituibile e preziosa.
Il passato da preservare
la grande opulenza dei Lafayette a Parigi